Da
ieri mattina, su una parete della corte del Palazzo Arcivescovile di Catania, dopo
un oblìo durato ben 82 anni, è tornato a splendere e a funzionare il restaurato
ottocentesco orologio solare di Salvatore Franco, il sacerdote-scienziato di
Biancavilla (nacque nel paesino etneo nel 1868 e morì a Trieste nel 1934)
autore tra l’altro del “Calendario Perpetuo”, un ingegnoso strumento premiato
con la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Parigi del 1900, esposto,
oggi, al Museo Diocesano di piazza Duomo).
A
inaugurarlo, dopo mesi di paziente e certosina opera di restauro conservativo operato dal Laboratorio
Conservazione Beni Culturali “Calvagna Restauri” di Aci Sant’Antonio, sotto l’attenta
supervisione del geom. Michele Trobia, esperto di Gnomonica e progettista di
meridiane e orologi solari, è stato l’arcivescovo mons. Salvatore Gristina,
davanti a un folto e qualificato pubblico di studiosi, astronomi e cultori di
Gnomonica, semplici cittadini. A rappresentare il Cutgana, il coordinatore del Laboratorio Astronomico
dell’Ecomuseo Natura e Scienza del Cutgana, prof. Giuseppe Sperlinga.
Il
quadrante solare di Padre Salvatore Franco è stato realizzato tra il 1888 e il
1890 con il
finanziamento di Monsignor Antonino Caff, Vescovo Ausiliare di Catania, quando
Vescovo era il Cardinale Benedetto Dusmet. Esso riporta le ore vere del
Meridiano di Catania e le curve a forma di otto, dette “lemniscate”, per
calcolare il Tempo Medio Locale. Lo stilo era di tipo “polare”, cioè disposto
in maniera parallela all’asse di rotazione della Terra. Nella parte
superiore del quadrante solare è riportata, rigorosamente in latino, la frase “Horologium solarium catanensium adiunctis horarum lineis ad medium panormitanum tempus” (Orologio solare catanese con l’aggiunta
delle linee a tempo medio di Palermo), mentre in quella inferiore campeggia
la scritta “Dies nostri
quasi umbra super
terram et nulla est
mora. 1° paralip. XXIX, 15”
(Come un’ombra sono i giorni nostri
sulla Terra e non c’è speranza di ritardarla o fermarla. 1° libro dei
paralipomeni paragrafo 29, versetto 15). E, ancora: “Si vis tempus viae ferreae heic horae panormi adiunge min. 6’ 28’’ (Se vuoi il tempo delle ferrovie corrispondente al tempo di Palermo
aggiungi 6’
28’’). Quest'ultima dicitura va compresa se si pensa che, nella prima metà
dell'800, ogni città aveva un proprio orario regolato sul proprio meridiano e ciò
era sufficiente a regolare le attività delle singole comunità. Con l’avvento
della Ferrovia emersero problemi di orari. Ciò perché quando era il mezzogiorno
per una città non era il mezzogiorno per un’altra città posta a Est o a Ovest. In
Italia, nel 1866, vi erano sei società ferroviarie (Torino, Verona, Firenze,
Roma, Napoli e Palermo), ciascuna con una propria identità oraria che si
riferiva alla stazione di origine. Era necessario ripensare, dunque, il sistema
del tempo, soprattutto per le ferrovie che dovevano funzionare con regolarità e
sicurezza. All’inizio, infatti, non esistevano che tronchi isolati e l’ora che
regolava la loro attività era quella della città principale da cui partiva il
tronco ferroviario. Diventando, però, la struttura più complessa, si formarono
tante ore ferroviarie quante erano le città principali e nelle stazioni di
passaggio da un tronco all’altro si passava dal regime di un’ora a quello di
un’altra. Nel 1866, il giovane Regno d’Italia, capitale Firenze e capo del governo
Bettino Ricasoli, con Regio Decreto del 22 Settembre 1866 n. 3224, adottò come
ora legale per le province peninsulari l’ora del Meridiano di Roma, mentre per la Sardegna e la Sicilia fu
adottata l’ora rispettivamente di Cagliari e Palermo. La prima ferrovia
costruita in Sicilia riguardò la tratta Messina-Catania, nell’anno 1866.
Soltanto
la Sicilia ,
per regolare i propri orari ferroviari mantenne il meridiano di Palermo fino al
1893. Nella nostra isola, infatti, si verificarono delle discordanze fra
l’orario ferroviario, regolato secondo il meridiano di Palermo, e l’orario
civile regolato secondo il meridiano di Catania. Il quadrante di Salvatore
Franco si può collocare verosimilmente intorno agli anni dal 1888 al 1890 e,
dunque, in perfetta sintonia con il sistema orario adottato in quel periodo.
Ancora, va ricordato che padre Salvatore
Franco progettò pure altri orologi solari, di cui due, di altissimo pregio e valore
storico e didattico, si trovano ancora oggi su una parete dell’Istituto Villa
Angela di San Giovanni la Punta ,
ma non più funzionanti per coperti da una orribile tettoia, che impedisce ai
raggi solari di raggiungere i due quadranti.
I quadranti solari di Salvatore
Franco meriterebbero di essere recuperati e riportati agli antichi splendori
per essere onorati da quanti hanno a cuore questi strumenti che silenziosamente
“insegnano tanto” e per onorare ancora di più un sacerdote, un uomo, che seppe
onorare la sua Chiesa con questi “piccoli grandi strumenti” che costruiva con
passione senza mai scordarsi, ricordandolo con le citazioni sugli orologi
solari, di essere un uomo di Dio.
Franco mai nulla chiese e fu amato
e benvoluto dal Cardinale Giuseppe Benedetto Dusmet, Arcivescovo di Catania,
oggi Beato, e dal suo Vicario Mons. Antonino Caff, che ne finanziava le opere. Anche
il successore di Dusmet, il Cardinale Giuseppe Francica Nava, stimava Salvatore
Franco e ne finanziò, nel 1900, il viaggio a Parigi per l’assegnazione della
Medaglia d’oro.
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