Sulla vexata quaestio della NUOVA ARCHITETTURA PER I CENTRI STORICI” la sezione siciliana di INARCH, congiuntamente all’ANCE di Catania (Associazione Nazionale Costruttori Edili) ed agli Ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri ha organizzato, sabato scorso, al Palazzo della Cultura di Catania, una mattinata di tavole rotonde al fine di offrire soluzioni risolutive sull’annosa questione degli interventi nel centro storico catanese. Tra gli invitati ad offrire il contributo della propria esperienza l’ingegner Maurizio Erbicella, già componente della Commissione Edilizia della Città di Catania quando questa impartì le “linee guida sugli interventi di ristrutturazione edilizia”, poi membro del Consiglio Regionale dell’Urbanistica, indi componente dell’Osservatorio Regionale del Paesaggio presso l’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana.
L’ing. Maurizio Erbicella ha, tra l’altro, coordinato la felice esperienza progettuale urbanistica in materia di centri storici denominata “VARIANTE DI SPECIFICAZIONE PER LA ZONA OMOGENEA “A” del Centro storico del Comune di Misterbianco, approvata dall’Assessorato Regionale al Territorio ed Ambiente con decreto n.1350 sin dal novembre 2006, mirante a razionalizzare e regolare l’attività urbanistica ed edilizia all’interno del perimetro del centro storico, ripetendo l’esperienza in molteplici realtà dell’isola, in attuazione dei contenuti metodologici di cui alla circolare A.R.T.A. n.3 dell’11.07.2000.
Nell’applicazione misterbianchese partendo dall’analisi tipologica e delle possibilità di intervento compatibili, previste dalla normativa vigente, si è redatta una disciplina di dettaglio, direttamente operativa, basata sul metodo dell’analisi e della classificazione tipologica delle unità edilizie, associando a quest’ultime delle categorie di intervento ottenute da una declinazione delle possibilità previste dalla normativa vigente, che è quanto si auspica possa avvenire anche per la Città di Catania.
L’innovazione consiste nella individuazione di una fase di oggettiva conoscenza delle caratteristiche fisiche del patrimonio edilizio storico da cui far scaturire le trasformazioni possibili e le destinazioni d’uso compatibili e nella proposta dell’intervento diretto in luogo dei piani particolareggiati al fine di accelerare l’operatività dei soggetti pubblici e privati. E’ evidente che l’intervento diretto deve, comunque, essere preceduto dalla costruzione, da parte dell’Amministrazione comunale, della conoscenza oggettiva e sistematica delle origini e delle trasformazioni della città storica e delle caratteristiche del patrimonio edilizio sotto l’aspetto storico, tipologico, tecnologico, funzionale e statico e deve essere previsto attraverso un’attività urbanistica basata sulla conservazione e valorizzazione dei caratteri spaziali, architettonici e tipologici esistenti ed al miglioramento della qualità urbana e delle condizioni abitative.
Nel prescrivere una progettazione all’interno dei centri storici che abbia come matrice culturale l’analisi e l’interpretazione delle regole costitutive della città antica, si fa riferimento esplicito al concetto di "tipologia dell’ambiente circostante" ascrivibile, senza equivoci, alla tipologia del patrimonio edilizio storico, alle forme di aggregazione di tale patrimonio (morfologia) e alla tipologia degli spazi inedificati.
Le analisi, riferite al contesto fisico-spaziale e al contesto socio-economico e finalizzate a ridefinire il ruolo del centro storico nel contesto urbano e territoriale, vengono estese sino ad individuare i soggetti (o attori) pubblici e privati che possono concretamente attuare gli interventi di recupero.
La variante di specificazione di che trattasi, redatta su una cartografia base aggiornata, è stata, pertanto, preceduta da rilievi delle strutture edilizie che consentissero di ipotizzare la classificazione tipologica del patrimonio edilizio storico. La classificazione tipologica non è stata, tuttavia, considerata un dato a-priori: si sono formulate alcune classificazioni degli edifici e delle invarianti tipologiche da preservare, verificandole e integrandole ad un’approfondita conoscenza della storia urbana e della configurazione del patrimonio edilizio.
In tale contesto lo sforzo programmatorio complessivo - avviato dall’Ufficio del Piano coordinato dell’ingegnere Maurizio Erbicella - ha inteso dare il dovuto carattere di scientificità e di approfondimento, puntuale e verificato, all’indagine ricognitiva del patrimonio edilizio di particolare pregio architettonico ricadente all’interno della zona perimetrata come “A” nel Piano Regolatore Generale del Comune di Misterbianco ed è stato, pertanto, supportato dall’obiettivo essenziale di perseguire la massima operatività del piano, nell’indubbia considerazione che il “maggiore approfondimento possibile” rende più certo l’avveramento del presupposto urbanistico - e la progettazione architettonica conseguente - e che tutte le modificazioni del territorio e del suo costruito incidono direttamente o indirettamente sulla collettività che le subisce.
L’analisi dei rilevamenti diretti (di tipo speditivo) ha consentito l’avvio di procedure di accertamento e valutazione in situ che, codificate in apposite schede, hanno determinato la “qualità” delle determinazioni e delle scelte urbanistiche.
Perché la “pianificazione urbanistica” potesse essere definita “operativa” è stato necessario, infatti, che l’affinamento del dato di fatto fosse approfondito quanto più possibile all’interno dello “spettro” delle implicanze e delle valutazioni che gli interventi successivi richiedono.
Conseguentemente, per il livello delle trasformazioni subite dai tessuti storici, per l’incertezza nelle aree di margine dei valori storici e di impianto originario esistenti, per le anzidette diversità di elementi strutturali, tipologici stilistici e morfologici ravvisabili nel contesto urbano di interesse, nel dettaglio delle normative di piano e nelle categorie d’intervento, si è reso necessario individuare con chiarezza cosa occorre conservare, cosa è possibile trasformare o integrare e come è possibile farlo.
Il metodo seguito nel lavoro è consistito nel definire una stretta correlazione tra conoscenza e progetto. Ciò è stato possibile, oltre che utilizzando l’analisi storica, anche attraverso un’attenta lettura dei tessuti urbani, edilizi ed architettonici esistenti in accordo, peraltro, con le disposizioni della summenzionata circolare A.R.T.A. n.3/2000-D.R.U., la quale sottolinea l’opportunità di prevedere “l’intervento diretto anche attraverso apposite varianti generali che abbiano come campo di applicazione le zone A, opportunamente perimetrate, e che siano redatte sulla base di una conoscenza approfondita della storia urbana, della formazione e delle trasformazioni del patrimonio edilizio storico e degli spazi inedificati, su analisi e valutazioni di tipo socio economico, sulla verifica degli aspetti funzionali (accessibilità, mobilità, dotazione di attrezzature e servizi) della città storica, sulla riutilizzazione e rifunzionalizzazione del patrimonio edilizio storico sia in termini residenziali che in riferimento ad altre attività e funzioni compatibili”. La lettura del tessuto urbano, edilizio ed architettonico d’interesse – nonché delle aree libere, degli spazi inedificati e della rete viaria storica - è stata, quindi, operata attraverso un’approfondita indagine delle unità edilizie di cui si compone l’insediamento umano.
Le predette attività di ricognizione ed indagine tipologica e le analisi compiute estese a tutte le unità edilizie di cui si compone il Centro Storico, tutte schedate in relazione alle tipicità precipue della loro classificazione (ambito, isolato di appartenenza, ubicazione, riferimento catastale, destinazione d’uso, tipologia edilizia, epoca di realizzazione, valenze formali, ecc…), anche mediante rilevamenti in situ, ricognizioni catastali, controllo delle licenze e concessioni edilizie permesse, raffronti tra il cosiddetto catasto di primo impianto o borbonico e i catasti successivi, raffronti a mezzo di sovrapposizione tra aerofotogrammetria e dati catastali disponibili, restituzioni fotografiche, individuazione delle unità edilizie, hanno costituito il presupposto cognitivo su cui si sono fondate le specifiche norme d’intervento per ogni unità edilizia.
Per le singole tipologie di unità edilizie individuate è definita, conseguentemente, una condivisibile normativa che ammette, per alcune classificazioni, la ristrutturazione edilizia, compresa la demolizione e ricostruzione; in quest’ultimo caso occorre, tuttavia, la continuità delle caratteristiche preesistenti volumetriche, architettoniche e stilistiche, in adesione al principio della “riconoscibilità” dell’opera nel raffronto tra il prima e il dopo l’intervento; tali interventi di ristrutturazione edilizia caratterizzati da un maggiore impegno dovuto per riguardo all’esistente, si dovranno, peraltro, valutare singolarmente e caso per caso ed, in relazione alla demolizione e ricostruzione, è dovuto che sia dimostrata e vi sia sicura certezza della fatiscenza ed irrecuperabilità dell’immobile.
Limitatamente ad alcuni isolati marginali sono stati previsti finanche interventi di ristrutturazione urbanistica da attuarsi mediante piani di recupero ex L.N. 457/78 estesi almeno ad un isolato e coerente con i dettami di cui all’art.55 della L.R. 71/78. E’, altresì, consentita l’attuazione della riqualificazione urbana e di programmi di sviluppo sostenibile attraverso gli strumenti della programmazione negoziale, ovvero azioni di programmazione socioeconomica correlati a strumenti di pianificazione locale, individuati da bandi degli enti sovraordinati (promossi mediante le risorse strutturali della C.E.E. e in attuazione del Programma Operativo Regionale – POR Sicilia) e miranti al miglioramento della qualità urbana e territoriale attraverso la co-partecipazione di soggetti pubblici e privati.
Le definizioni riportate nelle norme di attuazione e la lettura storica-territoriale rappresentano chiaramente la procedura metodologica seguita che vuole connettere costantemente un rapporto tra il costruito, la storia e il sistema delle esigenze della comunità che una città comunque deve sapere accogliere.