L’esperienza fatta sempre in maniera più serrata nel trovarmi, al ristorante o in degustazione, vini che molti definiscono biodinamici o naturali mi spinge a fare delle considerazioni che sottopongo a Lei e ai nostri lettori.
In merito a questi vini, nel momento dell’assaggio, mi è capitato di provare sensazioni contraddittorie e deludenti.
Ho trovato vini spenti, in qualche caso maleodoranti, totalmente squilibrati, con un apparato olfattivo decisamente privo di piacevolezza e con note che tutto richiamavano tranne quelle sensazioni per cui si ha il piacere di avvicinarsi alla degustazione di un vino. Cioè quelle piacevolezze per cui un territorio, un vitigno, hanno possibilità di essere riconosciuti.
Ho bevuto e bevo straordinari vini biodinamici, in cui la tradizione vitivinicola è evidenziata da riconoscimenti che richiedono tempo, attesa, che immediatamente richiamano una tradizione un luogo, un vitigno; in cui il panorama aromatico è fatto di piacevoli riconoscimenti naturali che sfidano le cappe sicure dei solfiti, e le certezze tecnologiche, insomma niente a che fare con le puzze che mi è capitato di sentire. Allora mi pongo e pongo all’attenzione dei nostri lettori, in maniera se vuole banale, una riflessione, e cioè se la dicitura “biodinamico e naturale” possa giustificare prodotti che dietro questi termini nascondono vini problematici dal punto di vista sanitario o addirittura malfatti.
Inoltre non vorrei che la ricerca esagerata a tutti i costi di nuove tendenze e mode non dia spazio a fenomeni che nel concreto poco hanno a che fare con il piacere di bere un buon bicchiere di vino.
La mia è la riflessione di chi, sempre più spesso, si trova a degustare vini e cerca di motivare in maniera ragionata il loro stato.
Camillo Privitera, presidente regionale Associazione italiana sommeliers
In merito a questi vini, nel momento dell’assaggio, mi è capitato di provare sensazioni contraddittorie e deludenti.
Ho trovato vini spenti, in qualche caso maleodoranti, totalmente squilibrati, con un apparato olfattivo decisamente privo di piacevolezza e con note che tutto richiamavano tranne quelle sensazioni per cui si ha il piacere di avvicinarsi alla degustazione di un vino. Cioè quelle piacevolezze per cui un territorio, un vitigno, hanno possibilità di essere riconosciuti.
Ho bevuto e bevo straordinari vini biodinamici, in cui la tradizione vitivinicola è evidenziata da riconoscimenti che richiedono tempo, attesa, che immediatamente richiamano una tradizione un luogo, un vitigno; in cui il panorama aromatico è fatto di piacevoli riconoscimenti naturali che sfidano le cappe sicure dei solfiti, e le certezze tecnologiche, insomma niente a che fare con le puzze che mi è capitato di sentire. Allora mi pongo e pongo all’attenzione dei nostri lettori, in maniera se vuole banale, una riflessione, e cioè se la dicitura “biodinamico e naturale” possa giustificare prodotti che dietro questi termini nascondono vini problematici dal punto di vista sanitario o addirittura malfatti.
Inoltre non vorrei che la ricerca esagerata a tutti i costi di nuove tendenze e mode non dia spazio a fenomeni che nel concreto poco hanno a che fare con il piacere di bere un buon bicchiere di vino.
La mia è la riflessione di chi, sempre più spesso, si trova a degustare vini e cerca di motivare in maniera ragionata il loro stato.
Camillo Privitera, presidente regionale Associazione italiana sommeliers
(da Enonews.it)
Nessun commento:
Posta un commento